AIM IN TIME Fotografie di Enrica Magnolini


#AltriMondi2017
IL VOLTO, RITRATTI DEL MONDO

c/o El Bagnin de Gorla

05

AIM IN TIME
Fotografie di Enrica Magnolini

Mostra fotografica a cura di Paola Riccardi
dal 14 luglio al 03 agosto 2017

Ingresso libero

Aim in Time è un long-time project di lungo corso sviluppato senza obblighi né costrizioni. Pochi rulli analogici l’anno, due al massimo. I primi scatti realizzati nel 1999, gli ultimi nel 2016. La ricerca visiva di Enrica Magnolini scaturisce da una fascinazione per il lavoro di Francesca Woodman, scoperto casualmente alla fine degli anni novanta con il volume Providence Roma New York, ancora lontano dall’attuale clamore attorno all’opera della fotografa statunitense. Degli scatti di Woodman rimane colpita dalla possibilità di una così chiara e densa restituzione dì sé. Coglie, e immediatamente ama, la forza espressiva che quelle immagini emanano, il loro valore di incursioni nel mondo esistenziale e autobiografico del soggetto. La libertà di Woodman nel mostrarsi intimamente e la persistenza di lei in ogni immagine la conquistano. Prova un’istintiva affinità con la persona oltre che con la poetica dell’artista, sorpresa anche dalla sua giovane età. Raccontandosi, l’autrice di Aim in Time afferma: “Sentivo vibrare in me quelle immagini come se mi appartenessero, come se facessero parte di un mio vissuto. […] così incominciai a fare delle sperimentazioni fotografiche rivolgendo l’obbiettivo verso di me. Da quel momento non ho più smesso.” Calata in questa emozione, Enrica Magnolini realizza in modo spontaneo i primi autoscatti, mossa soprattutto dalla curiosità di sperimentarsi come soggetto davanti al proprio obbiettivo, ma prestissimo avverte il desiderio di voler dare una continuità a questa pratica. Si ritrae in poche occasioni, in città e luoghi abituali o temporanei, nelle dimore più care, quasi sempre in interno. Pur ponendo attenzione all’inquadratura, l’autrice non progetta con intenzionalità pose o situazioni, ponendosi liberamente e senza veli di fronte all’obbiettivo come in una performance improvvisata. Non un’epopea del momento unico e irripetibile ma una celebrazione dell’istante nel suo naturale accadere. Un istante di vissuto trasformato in momento di pura evidenza. Gli scatti continuano negli anni. Sempre pochi, sempre all’insegna dell’istintività e di un libero gioco personale. Emerge però sempre più chiara l’intenzione di voler concretizzare in quegli scatti una traccia materiale del proprio Io esistenziale. A livello emotivo nutre l’intero processo creativo ed esperenziale anche quel particolare sentimento di nostalgia e di disorientamento che scaturisce dallo scorrere del tempo e dal pensiero rivolto alla morte come fine solo biologica dell’uomo. Rispondendo a un’esigenza intima e personale, il lavoro mantiene per anni il carattere di opera privata ma negli scatti realizzati si vanno producendo significativi frammenti che riveleranno rispondenze tra loro molto più avanti. Non rinunciando alla sperimentazione e a modi istintivi di ripresa, l’autrice si dà dei codici. Decide di utilizzare tempi di posa lunghi, di comparire davanti all’obbiettivo soltanto per metà del tempo di esposizione dando luogo visivamente a un effetto di presenza-assenza o di metamorfosi del soggetto nello sfondo che lo accoglie. Sceglie di lavorare su supporto analogico e realizza tutte le fotografie su pellicola bianco e nero, sembrando assegnare a questo elemento il valore di deposito materico di una traccia realmente consistente. Significativo il fatto che alcuni rulli siano rimasti non sviluppati anche per mesi, come se la sola impressione sulla pellicola avesse già reso di per sé evidente il processo di auto-rappresentazione. Come per il cogito Cartesiano, il ritrarsi diventa momento di attestazione del proprio esistere, simbolica azione di ontogenesi del soggetto esistenziale. Nelle fotografie la presenza del soggetto è espressa da ombre, immagini ambigue, evanescenti, a volte solo intraviste, o riflesse. In un tempo circolare e in costante divenire, il soggetto lascia una traccia che nella sua presenza-assenza è essa stessa espressione del divenire che l’ha generata. Afferma l’autrice: “Le presenze che si creano non sono fantasmi ma reminiscenze legate alla verità fittizia nei confronti del divenire del tempo”. Parallelamente alla produzione delle immagini, lavorano in sottofondo riflessioni sul tempo in rapporto all’esistenza di un singolo individuo, sulla percezione e sulla possibilità di rappresentazione del tempo nel proprio incessante divenire e nella propria connaturata transitorietà. Si intuisce un richiamo al concetto Bergsoniano di tempo come flusso di coscienza. Nato come un percorso di sperimentazione personale, solo recentemente il progetto ha preso forma nella sua interezza mostrando un continuum di senso. Tra immagini scattate a così tanta distanza di tempo si è resa evidente la presenza di una omogeneità espressiva che le riconnette tutte in una stessa scia. Contrappunta questa omogeneità, una varietà di impressioni che riporta alla molteplicità e ossimoricamente unicità di ogni percorso esperenziale. Ne emerge un racconto sottile, rarefatto, non lineare, che con delicatezza e sensibilità offre il ritratto di un’anima nel tempo. Aim in Time si compone di frammenti condivisibili che aprono a significati non soltanto individuali, visioni riconducibili a un proprio universo di senso. Un lavoro che, interamente calato in una dimensione autobiografica, si svela agli occhi stessi dell’artista come ricomposizione del proprio se’ esistenziale. Un processo creativo che nel rispondere all’esigenza personale per cui è nato, ha generato una narrazione per frammenti che acquisisce nuovo senso nello sguardo dell’altro. Aim in Time poggia con evidenza ogni propria ragione su quel particolare talento della fotografia di funzionare come possibilità di concreta attestazione della dimensione esistenziale, pur con tutta la soggettività che il processo porta con se’ oltre all’imprinting di Woodman, vivono in questa raccolta altre suggestioni; una predilezione per la fotografia di Duane Michals per l’ambiguità visiva e i giochi allusivi che contraddistinguono i suoi racconti, l’intensa resa espressiva del corpo nella fotografia di Robert Mapplethorpe, l’approccio sperimentale che caratterizza tutta l’opera di Man Ray, l’intensità e la concentrazione del soggetto che caratterizza la sublime fotografia di Julia Cameron e finanche la poetica di E. Muybridge espressa nella frase: “Solo la fotografia ha saputo dividere la vita umana in una serie di attimi, ognuno dei quali ha il valore di una intera esistenza”.
 Paola Riccardi

Stampa bianconero manuale su carta politenata, in vari formati.
A differenza degli altri linguaggi, la fotografia certifica ciò che ritrae, attestandone l’esistenza. Consapevole della potenzialità documentativa del mezzo meccanico, Enrica Magnolini lo sfrutta allo scopo di lasciare una testimonianza del proprio vissuto, optando unicamente sull’utilizzo di pellicole in bianco e nero ed avvalendosi del procedimento di stampa manuale in camera oscura, scelte che riportano la memoria ad un rituale antico e sembrano donare maggiore autenticità all’intento. La serie si dispiega attraverso quei luoghi che l’artista considera rappresentativi delle tappe che hanno segnato il percorso della sua crescita individuale, siano essi riconducibili a persone con le quali ha condiviso esperienze o a circostanze in cui si trovava in viaggio lontano da casa propria. L’indagine, che la vede protagonista di ogni inquadratura, trascende la mera registrazione dell’ambiente ed assume una forte connotazione autobiografica: la presenza evanescente del corpo nello spazio simboleggia la transitorietà dell’io narrante, che si mostra senza veli, tenendo il volto nascosto, al fine di consegnare allo spettatore una personalità più autentica, scevra da condizionamenti transeunti che consentano di farne emergere solo la parte legata all’istante in cui viene immortalata. Incentrate sulla ricerca introspettiva dell’autrice, le immagini rimandano ad una dimensione atemporale e non sono concepite ai fini della lettura in ordine cronologico: simili a monadi solitarie, poste l’una accanto all’altra hanno importanza solo nella loro singolarità e restano sospese tra due mondi, quello apparente e quello reale. Animato da una poetica metafisica, il progetto si fa portavoce degli aspetti dell’essere che l’occhio non può vedere, ed è pensato per avere un seguito. Esso trae ispirazione tanto dall’opera di Duane Michals, abile a fotografare l’invisibile, quanto da quella di Francesca Woodman, dedita all’espressione della propria identità. Edith Ballabio

BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Enrica Magnolini

Nata a Brescia nel 1982; lavora tra Milano e Treviso. Nel 2000 segue un corso di fotografia al Museo Ken Damy di Brescia; si diploma presso il liceo scientifico con indirizzo artistico e continua gli studi in fotografia presso l’Istituto Europeo del Design di Milano fino al 2004. Nel 2008 frequenta il corso di specializzazione in fotografia di scena all’Accademia Teatro alla Scala di Milano. Nel 2015 partecipa al workshop di fotografia di scena con Angelo Turetta e Mario Spada a Bolzano. Attualmente lavora come consulente fotografa presso il gruppo Benetton a Treviso e come fotografa free lance collabora con diversi studi fotografici come Superstudio13 a Milano e riviste nel settore della moda. Nel 2014 apre la società Matrice8 che si occupa di servizi fotografici per aziende di moda. Parallelamente continua a dedicarsi alla ricerca artistica nel campo delle arti visive. A partire dal 2003 espone in diverse mostre in Italia. In collaborazione con il poeta Fabio Grasselli realizza la mostra fotografica ed esposizione poetica CDPDC–città di pensieri di città presso Ass. Culturale Artemide a Como e nel 2004 presentano il progetto Ydoraidei in una personale presso Galleria d’arte Gio Batta e Ferrari a Brescia. Nel 2004 è stata selezionata al concorso arti visive Il sacro ed espone a una mostra collettiva al Centro culturale S.Fedele; nello stesso anno partecipa ad un’altra collettiva Universi paralleli indetta da I.E.D. presso Biblioteca Bovisa. Espone a Milano il progetto fotografico Irid’eros in un evento organizzato da Alicia Erba al Plastic. Nel 2007 è stata selezionata al concorso arti visive portando l’opera di fotografia urbana La casa di Lucifero, e ha fatto una mostra collettiva presso il Centro culturale S.Fedele e allo stesso concorso l’anno successivo è arrivata terza con l’opera video No se puede filmar e ha partecipato alla collettiva con il progetto fotografico Donna perchè piangi?. Nel 2009 espone in una collettiva Stanze a Villa Glisenti Brescia e nello stesso anno arriva terza nella sezione arte Opere uniche e multipli d’arte del concorso indetto da Tau Visual. Nel 2010 espone nella collettiva Fuori06 nella galleria Gallarati a Roma. Dal 2002 ha collaborato con diversi festival tra i quali Milano Film Festival e Festival del Circo Contemporaneo a Brescia. Segue in particolar modo la danza contemporanea collaborando come artista visiva con diversi coreografi e compagnie come Fattoria Vittadini, Cristiana Battistella, Silvia Bugno. Ha partecipa al progetto Artetececo di Ariella Vidach e nel 2009 co-produce lo spettacolo di video danza Maquillage occupandosi del video in scena. Lo spettacolo è stato presentato in festival italiani ed europei. www.enricamagnolini.com

INFO

La mostra sarà visitabile fino al 03 agosto 2017, tutti i giorni dalle 16.30 a mezzanotte, sabato e domenica dalle 11 del mattino.

La rassegna di cultura triennale Altri Mondi è promossa dall’associazione Ecologia Turismo Cultura, insieme a Cooperativa COMIN e Cooperativa sociale Tempo per l’infanzia, con il contributo di Cascina Martesana e Fondazione Cariplo. Rappresenta uno sguardo alla pluralità del mondo in tutte le sue diversità e accezioni, una ricerca tra i luoghi di appartenenza e le realtà sconosciute.